Durante il 19esimo incontro biennale del Simposio navale del Pacifico occidentale, che si è svolto a Qingdao, in Cina, nell’aprile 2024, il vicepresidente della Commissione militare centrale, Zhang Youxia, ha dichiarato che la sovranità territoriale della Cina “non ammette violazioni e non può essere messa in discussione”.
Il suo tono è molto simile a quello utilizzato dai suoi predecessori negli ultimi dieci anni, ma il contesto e il pubblico rappresentano un nuovo sviluppo significativo. IL Simposio navale del Pacifico occidentale (WPNS), come è noto a livello internazionale, coinvolge tutte le nazioni del Pacifico; è inteso come luogo per creare dialogo tra i leader delle marine regionali e discutere iniziative di cooperazione. Questa impostazione è lontana dal tono abituale utilizzato da Zhang, che ha aggiunto che “il contenimento marittimo, l’accerchiamento e i blocchi intorno alle isole potrebbero gettare il mondo in un vortice di divisione e turbolenza”. Il riferimento è chiaro: si tratta del esercitazioni militari congiunte tra i stati Uniti e il Filippine che avrà luogo in concomitanza con il forum e, per la prima volta, al di fuori delle acque territoriali filippine.
Le sentenze internazionali hanno negato le rivendicazioni di Pechino nel Mar Cinese Meridionale, essendo la “linea dei nove trattini” la principale rivendicazione territoriale che la Cina avanza oltre i suoi confini. Essenzialmente, Pechino rivendica quasi l’intero Mar Cinese Meridionale, e la linea di nove trattini costeggia persino le coste di altre nazioni della regione, violando sia il diritto costiero di 12 miglia nautiche sancito dal diritto internazionale sia i diritti economici esclusivi entro 200 miglia nautiche dalle loro coste. Queste rivendicazioni non sono mai state concettualizzate apertamente; Pechino adatta semplicemente le sue rivendicazioni a seconda del contesto e dell’interlocutore. In particolare, la sovrapposizione tra diritti di pesca, sfruttamento delle risorse e rivendicazioni di sovranità territoriale sono spesso intrinsecamente connesse. I pescherecci cinesi, la guardia costiera della Repubblica Popolare Cinese e la Marina dell’Esercito Popolare di Liberazione appaiono come attori integrati all’interno di un unico progetto coordinato.
Le rivendicazioni di Pechino furono inizialmente promosse negli anni immediatamente successivi alla fondazione della RPC e non furono discusse o prese in considerazione dalla comunità internazionale fino all’ultimo decennio. Lo ha stabilito un tribunale internazionale già nel 2016 la linea a nove trattini non forniva alcuna base giuridica per le affermazioni della CinaMa Pechino ha ignorato questa decisione e continua a insistere sulla legittimità della linea. La mappa del Mar Cinese Meridionale disegnata da Pechino si estende fino a James Shoal, un piccolo banco di sabbia che giace a 22 metri di profondità sul fondale marino, al largo delle Spratlys. James Shoal si trova a circa 80 km dalla costa malese e a circa 1.800 km dalla più vicina terraferma cinese, ed essendo una struttura sottomarina non può essere rivendicata da nessuno stato ed è incapace di generare zone marittime. Eppure Zengmu Ansha, il nome mandarino di questo banco di sabbia sottomarino, è noto a tutti gli studenti cinesi. Fin dalle scuole elementari, libri di testo, canzoni e filastrocche decantano i confini della Repubblica popolare cinese, citando James Shoal come il punto più meridionale della sovranità territoriale cinese. Più a nord, il Giappone continua a difendere il suo controllo sulle disabitate isole Senkaku nel Mar Cinese Orientale dalle incursioni della guardia costiera cinese; Vietnam con dispute sui Paracels e sulle Spratlys nonché su parti della costa vietnamita, Malesia, Brunei e Indonesia per la parte meridionale del Mar Cinese Meridionale. Le Filippine difendono la sovranità nel Mar delle Filippine occidentali, un diritto sancito dalla sentenza di un tribunale arbitrale istituito ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite, che viene regolarmente ignorato da Pechino.
La Cina ha respinto la sentenza del tribunale, continuando a sostenere le proprie rivendicazioni territoriali e attuando azioni che erodono la sovranità filippina nelle sue acque territoriali attraverso pattugliamenti, minacce ai pescatori di altri paesi, rivendicazioni politiche e soprattutto con un’attività senza precedenti di dragaggio e costruzione di isole artificiali. Una dinamica simile alla situazione attuale nello Stretto di Taiwan, una continua erosione della sovranità attraverso atti ostili che, pur non costituendo eventi critici, mirano a una ridefinizione della normalità. Pechino sta abituando il mondo intero a una serie di violazioni delle leggi internazionali, spingendo i limiti delle azioni accettabili e sostenendo rivendicazioni giustificate da letture storiche, sia per la questione taiwanese che per i confini del Mar Cinese Meridionale, ampiamente contestati da studiosi e analisti.
Stefano Pelaggi