Luigi Nono, installazione Prometeo, Chieda di San Lorenzo, 1984. Foto Lorenzo Capellini. Per gentile concessione dell’Archivio della Biennale
“Tragedia composta di suoni, con la complicità di uno spazio”. Nel 1984, per la prima rappresentazione di Prometeo nella Chiesa di San Lorenzo, Luigi Nono coinvolse un gruppo di artisti e intellettuali straordinari: affidò la direzione dell’orchestra a Claudio Abbado, la messa in scena a Emilio Vedova e Renzo Piano, Massimo Cacciari scrisse il testo, la direzione del suono fu affidata a Hans Peter Haller e Alvise Vidolin. Il “dream team” dello stupore teatrale, composto dai migliori esponenti della musica, dell’arte, dell’architettura e della letteratura, ha trasformato la messa in scena di un’opera in un evento straordinario, di cui ancora oggi si parla e che oggi viene riportato in scena ha ospitato il suo debutto. Nel 2024 si celebra un doppio anniversario: il centenario della nascita di Luigi Nono, il prossimo 29 gennaio, e il 40° anniversario della prima rappresentazione di Prometeo. Tragedia dell’ascolto, avvenuta proprio nella sua città, Venezia. L’opera si propone come traduzione scenica del “multiverso acustico” di un compositore affamato di studio e sperimentazione.
Di Nono e i suoi Prometeo con cui abbiamo parlato Sergio Canazza, direttore del Centro di Sonologia Computazionale (CSC) dell’Università di Padova, laboratorio coinvolto nell’ambizioso progetto fin dagli anni ’80: Alvise Vidolin Direttore artistico del CSC, musicista e direttore del suono hanno lavorato su entrambe le produzioni, curandone la elettronica dal vivo e vivere in prima persona il passaggio dalla tecnologia analogica a quella digitale. Dal 26 al 29 gennaio l’opera prodotta dalla Biennale Musica, che ha avuto nel tempo diverse riedizioni, torna a Venezia come progetto speciale dell’Archivio Storico della Biennale in collaborazione con la Fondazione Archivio Luigi Nono e Ocean Space TBA21– Accademia. Lui viene risistemato, per la prima volta, nella Chiesa di San Lorenzo, palcoscenico realizzato da qualche anno da Ocean Space, centro globale che promuove l’alfabetizzazione critica sull’oceano attraverso l’arte. “Questi boschi, questi spazi-pietra di San Lorenzo, respiri infiniti”, scriveva Nono riferendosi alla chiesa veneziana. Al centro dello spettacolo Marco Angius dell’Orchestra di Padova e del Veneto, circondato da 79 elementi: quattro gruppi orchestrali, due ensemble di solisti strumentali e vocali, coro e voci recitanti – distribuito dentro uno spazio che, per usare le parole di Nono, “scopre, rivela il suono e provoca un improvviso, involontario essere nel suono, e non iniziare a percepirlo, sentendosi parte dello spazio, giocando”. Oltre al riallestimento dell’opera, la Biennale propone una giornata di studio dedicata, dal titolo Prometeo ieri e oggi. L’utopia di Luigi Nono a 100 anni dalla sua nascitache avrà luogo anche a Venezia, nel giorno dell’anniversario, il 29 gennaio, alle ore 14.30, nella Biblioteca della Biennale ai Giardini.
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Nel caso di Prometeo, il computer deve essere suonato dal vivo come se fosse uno strumento musicale, in tempo reale
Luigi Nono fotografato da Gianni Berengo Gardin negli anni ’80 (Contrasto)
In entrambe le occasioni, nel 1984 e oggi, il Parte IT della configurazione di Prometeo è stato quindi curato dal Centro di Sonologia Computazionale della Dei – Dipartimento di Elettronica e Informatica dell’Università di Padova (oggi, insieme ad Alvise Vidolin al live Electronics del Prometeo, ci Sono Nicola Bernardini e Luca Richelli) che si è occupato anche della digitalizzazione dei nastri audio in unica copia dell’Archivio Luigi Nono e per sviluppare il software di consultazione.
“Il CSC è stato coinvolto fin dalla prima esecuzione, curando la parte informatica attraverso una delle prime sperimentazioni di elettronica dal vivodove i computer venivano portati nel teatro per elaborare il suono in tempo reale – spiega Sergio Canazza Il Bo dal vivo -. Prima della fine degli anni ’70 e dell’inizio degli anni ’80, si poteva fare qualcosa nel campo dell’elettronica, ma i computer erano troppo grandi e non potevano essere portati su un palco. Nel 1984, per gestire la parte informatica dell’ Prometeo, È stato utilizzato un computer digitale, il PDP-11, con un software sviluppato appositamente per l’evento. Questo computer, grande quanto un frigorifero ma comunque trasportabile, ha permesso di portare con sé un software in grado di elaborare il suono in tempo reale. Una rivoluzione per l’epoca. IL Prometeo non è stato il primo esperimento in assoluto in questo senso, ma sicuramente uno dei più importanti. All’epoca il computer era una grande risorsa, era potente, ma non lo è per gli standard odierni. Nono considerava il lavoro una vera e propria sperimentazione tra musica, teatro e informatica: lui stesso ha sottolineato la necessità della collaborazione tra tecnici, scienziati, musicisti e artisti. Riuscire ad allestire un lavoro di questo tipo richiedeva uno sforzo enorme che il PDP-11 da solo non era in grado di sostenere: i diversi modulatori di frequenza non potevano essere gestiti contemporaneamente con lo stesso computer. Così, progetto dopo progetto, è stata creata una grande scheda, DSP: una serie di processori per l’elaborazione del suono, delle dimensioni di un rack di amplificatori, collocati nello stesso rack del PDP-11, per poterli trasportare insieme in concerto. Questo hardware, pensato per aumentare la potenza di calcolo del computer, è stato realizzato per l’occasione dal fisico Giuseppe ‘Peppino’ Di Giugno, su progetto del CSC, della Biennale di Venezia e dell’IRCAM di Parigi. Di Giugno chiamò il sistema 4i: aveva già creato il 4a e il 4b, ma invece di scegliere la c optò per la i, dedicandola alla vittoria dell’Italia ai Mondiali di calcio. Questo progetto ha permesso di realizzare la parte informatica del Prometeo già per la prima rappresentazione nella Chiesa di San Lorenzo, dove l’opera ritorna ora, per la prima volta, dopo quarant’anni”. E Canazza prosegue: “Per la riorganizzazione ci siamo occupati ancora una volta della parte informatica, potendo contare su macchine e calcolatrici moderne. Non utilizzeremo né il computer PDP-11 né il 4i, ma siamo riusciti a far funzionare il PDP-11, non solo ad accenderlo. Abbiamo pulito e cambiato alcuni elementi elettronici delle carte e siamo riusciti a leggere i grandi floppy originali. In questo modo abbiamo avuto accesso anche al software di Prometeo. Con rispetto filologico, abbiamo adattato il software originale ai moderni computer, ricostruendo tutti gli effetti da eseguire dal vivo.”
Concretamente, in questo progetto, dove risiede il principale impegno IT? “In caso di Prometeo il computer deve essere suonato dal vivo come se fosse uno strumento musicale, in tempo reale. Non porti suoni già sintetizzati. Il grande sforzo informatico per questo lavoro è legato allo spazio, mirando a spostare i suoni verso isole sonore lontane attraverso numerosi altoparlanti: l’uso musicale, espressivo e artistico dello spazio è uno degli obiettivi raggiunti. Grazie all’incredibile lavoro di Renzo Piano, le orchestre, con direttori e metronomi separati, erano dislocate su diversi piani attorno al pubblico, per avvolgerlo con strumenti tradizionali. L’elettronica dal vivo è servita e serve soprattutto a questo: a spostare nello spazio il suono catturato dai microfoni“.
Non esistono strumenti formali per descrivere questa parte informatica, che agisce sul suono in tempo reale e per la quale non esiste una partitura. “Le prove diventano ancora più importanti e, paradossalmente, anche se si tratta di musica creata al computer, quindi massima espressione di tecnica e purezza matematica, da questo punto di vista si possono riscontrare gli stessi problemi di un quartetto jazz: come vado d’accordo con un altro musicista in un’improvvisazione jazz? Devo lavorare, suonare, esercitarmi molto. Quello che facciamo non è musica improvvisata, ma incontro le stesse difficoltà nel comunicare con direttori, orchestre, solisti. Mi sembra poco glamour, forse dal punto di vista artistico, ma è il risultato di un lavoro enorme.”
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Luigi Nono considerava l’opera una vera e propria sperimentazione tra musica, teatro e informatica. Lui stesso ha sottolineato la necessità della collaborazione tra tecnici, scienziati, musicisti e artisti
Luigi Nono sulla Rai (Contrasto)
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Grazie ad Alvise Vidolin, storico collaboratore di Nono, siamo riusciti a digitalizzare i nastri con i parametri corretti
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L’impegno di CSC per Prometeo accanto a a lavoro decennale per la Fondazione Archivio Luigi Nono. “Oltre a tutto il materiale pubblicato, l’Archivio Nono conserva a patrimonio di nastri magnetici a copia singola, copie di opere finite o “appunti” di composizione. Nella musica elettronica le note sono nastri magnetici. Nono registrava i suoni di Venezia, al mercato della Giudecca o a Rialto, e poi li filtrava, li modificava, li utilizzava nelle sue opere. Si tratta di un patrimonio straordinario ma, mentre un manoscritto scritto può essere letto, le registrazioni devono essere mediate. Guardo il manoscritto, il nastro va ascoltato. Ciò che permette l’ascolto sono le apparecchiature, esperti competenti che sanno usarle e leggerle correttamente. Nella musica elettronica ci sono suoni di cui non si conosce la velocità: occorre quindi fare un complesso lavoro filologico per leggere il giusto formato dei nastri. Grazie ad Alvise Vidolin, storico collaboratore di Nono, siamo riusciti a digitalizzare i nastri con i parametri corretti, un lavoro utile per il musicologo che vuole risalire alla genesi dell’opera e arrivare ad un’edizione critica“.
Parallelamente alla digitalizzazione dei nastri da parte del CSC, l’Archivio ha avviato anche quella dei manoscritti, qualche corrispondenza privata e alcuni video di Nono: il risultato è un archivio digitale ricco e completoha creato “lavorando con le archiviste, Nuria Schoenberg Nono, sua figlia Serena Nono e Claudia Vincis, musicologa, direttrice dell’Archivio Nono per molti anni”.
Per saperne di più: Non solo carta: Ingegneria informatica per contrastare l’eclissi dei documenti audio. Il caso di studio di un archivio personale
Prometeo. Tragedia dell’ascolto per solisti vocali e strumentali, coro misto, quattro gruppi strumentali e live elettronica (1981-1985, 135′)
musica di Luigi Nono
testi a cura di Massimo Cacciari, di Walter Benjamin (Sul concetto di storia), Eschilo (Prometeo incatenato), Euripide (Alcesti), Johann Wolfgang von Goethe (Prometeo), Erodoto (Storie I, 32), Esiodo (Teogonia), Friedrich Hölderlin (Schicksalslied e Achill), Pindaro (Nemea, VI), Arnold Schönberg (Das Gesetz e Moses und Aaron), Sofocle (Edipo a Colono)
direttore Marco Angius
elettronica dal vivo Centro di Sonologia Computazionale – DEI dell’Università di Padova, Alvise Vidolin, Nicola Bernardini, Luca Richelli
soprani Livia Rado, Rosaria Angotti
contras Chiara Osella, Katarzyna Otczyk
tenore Marco Rencinai
voci recitanti Sofia Pozdniakova, Jacopo Giacomoni
flauti Roberto Fabbriciani
clarinetti Roberta Gottardi
tromba/trombone contralto/eufonio Giancarlo Schiaffini
viola Carlo Lazzari
violoncello Michele Marco Rossi
contrabbasso Emiliano Amadori
secondo direttore Filippo Perocco
direttore del coro Cristiano Dell’Oste
impostare Antonello Pocetti, Antonino Viola
luci Tommaso Zappon
assistente direttore musicale Massimo Fiocchi Malaspina
Coro del Friuli Venezia Giulia
OPV – Orchestra di Padova e del Veneto
produzione La Biennale di Venezia per un progetto speciale dell’Archivio Storico (ASAC) in collaborazione con la Fondazione Archivio Luigi Nono e TBA21 – Academy/Ocean Space
Prometeo. Tragedia dell’ascolto. Nuova edizione a cura di André Richard e Marco Mazzolini, Casa Ricordi (Milano) – 26, 27, 29 gennaio, 19:00 – 28 gennaio, 15:30, Chiesa di San Lorenzo, Venezia