Venerdì la Commissione europea ha comunicato in via confidenziale al governo cosa pubblicherà in autunno: i numeri da raggiungere per far uscire l’Italia dalla crisi. procedura per disavanzo eccessivo in cui sta entrando adesso. Le quantità stimate a Bruxelles non sono state sorprendenti il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e non implicano un percorso così arduo da risultare, a priori, irrealistico. Ci sono due serie di vincoli: C’è a tetto alla spesa pubblica; e ce n’è uno correzione di bilancio di poco più di 13 miliardi di euro all’anno per i prossimi sette annifatto però evitando politiche finanziate su un solo anno di bilancio come avviene oggi, ad esempio, con gli sgravi contributivi per i redditi medio-bassi.
Shopping
Tra le variabili, però, se ne aggiunge una: gli investimenti di Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) procedono così lentamente in Italia – anche rispetto alla tabella di marcia già rivista dopo i ritardi degli anni precedenti – che la loro attuazione, da qui a 2026crea incertezza sulla capacità del Paese di rispettare le nuove regole di bilancio. Quest’anno avrebbero dovuto essere spesi oltre 40 miliardi, ma l’esecuzione nella prima metà dell’anno è stata deludente. Rimangono quindi non molto meno di 150 miliardi del Pnrr da assorbire, in teoria, negli ultimi due e mezzo dei sei anni del Piano. In particolare, avendo utilizzato troppo poco 122 miliardi di prestiti dal Pnrr durante la lunga sospensione dei vincoli del Patto di stabilità – sul piano pratico, fino alla fine del 2024 – rischia di creare difficoltà nei prossimi anni. Ora ci sono così tanti investimenti ancora da fare che, se verranno fatti, entreranno nel deficit e peseranno sui vincoli di spesa europei proprio quando quegli stessi vincoli inizieranno a farsi sentire.
La correzione
Vediamo più nel dettaglio. Venerdì la Commissione ha comunicato due serie di cifre all’Italia e ad altri paesi che stanno avviando procedure di deficit. La prima riguarda una raccomandazione – in teoria non vincolante – sull’ correzione «strutturale» da perseguire ogni anno. L’accento sul carattere “strutturale” delle misure implica che a Bruxelles si terrà conto di eventuali rallentamenti dell’economia, ma Non vengono accettate misure una tantum come quelle che l’Italia ha in vigore per quasi venti miliardi nella legge di bilancio 2024.
Il governo può quindi scegliere tra a piano di risanamento quadriennale o settennale, aggiungendo riforme e investimenti. Il piano quadriennale implica una correzione, secondo Bruxelles, di circa1,1% del prodotto lordo annuo (PIL): una riduzione del budget da oltre 20 miliardi l’anno fino al 2028. Il governo lo esclude.
Resta il piano settennale. Ciò implica, secondo le indicazioni di Bruxelles, a correzione strutturale dello 0,6% del PIL annuo fino al 2031: quindi, sui valori attesi nel 2025, poco sopra 13 miliardi l’anno. Per accedervi, l’Italia dovrà comunicare entro poche settimane la propria scelta a Bruxelles e concretizzarla con riforme e investimenti che intende abbinare al piano, per rafforzare il motore dell’economia. Saranno quelli già concordati per il Pnrr. Uno dei vincoli, tuttavia, è che gli investimenti continuino fino al 2030 o al 2031 allo stesso ritmo della media tra il 2024 e il 2026, quando (in teoria) dovrebbe essere spesa la maggior parte dei fondi europei del Recovery Plan.
Ed è qui che sorgono alcuni problemi. Innanzitutto perché le regole europee prevedono, oltre alla correzione annuale del deficit, anche una “traiettoria tecnica” della spesa pubblica. Questo deve aumentare ogni anno meno della somma della crescita reale e dell’inflazione. In sostanza, la spesa pubblica deve ridursi costantemente in proporzione al PIL del Paese. E fattori valutati come il potenziale dell’economia, la dinamica dei prezzi e l’invecchiamento della popolazione, Bruxelles ha indicato la “traiettoria” della spesa italiana: potrà aumentare in quantità di euro di circa (ma non esattamente) l’1,8% annuo. Più o meno quello che Giorgetti si aspettava.
Le previsioni mancanti
L’incognita, però, riguarda i ritardi del Pnrr. Se restano poco meno di cento miliardi di euro di prestiti europei del Piano da utilizzare tutti tra il 2025 e il 2026 – un boom della spesa pubblica attorno al 4% del Pil – solo quelli rischiano di far saltare la “traiettoria” o di forzare la governo per comprimere altre spese. Certamente l’attuale esecutivo finora ha comunicato meno sul Pnrr rispetto al governo di Mario Draghi, ad esempio rimuovendo dai documenti pubblici ogni informazione sulle previsioni di spesa anno per anno. Adesso, però, per accedere al piano settennale di ripresa, l’Italia dovrà essere più trasparente con Bruxelles. Il ministro incaricato del Pnrr, Raffaele Fitto, ieri non è stato immediatamente disponibile per un commento.