04 marzo 2024 13:46
Il 14 febbraio, nelle ore successive alla sparatoria alla parata della vittoria del Super Bowl di Kansas City, quando la polizia stava ancora cercando di capire chi fosse il responsabile, diversi utenti online hanno menzionato il nome di Sahil Omar, un immigrato privo di documenti sulla quarantina. Alcuni post includevano la foto di un uomo con una felpa rossa portato via dalla polizia. Personalità influenti online e anche alcuni parlamentari repubblicani hanno rilanciato questa voce. Sarebbe bastato fare una rapida occhiata online per capire che qualcosa non quadrava. Sahil Omar era già stata collegata ad una serie di altri fatti recenti: un’esplosione alla frontiera con il Canada, vicino alle cascate del Niagara, sparatorie a Las Vegas e Praga, una violenza sessuale nella metropolitana di Londra, un’esplosione di gas in Texas.
Non c’erano prove per associare Sahil Omar a nessuno di quegli incidenti, e in effetti non c’è nemmeno prova dell’esistenza di una persona con quel nome. L’uomo con la felpa rossa si chiama Denton Loudermill, vive a Olathe, Kansas. Dopo la sparatoria è stato brevemente arrestato dalla polizia e poi rilasciato senza accuse. Nel frattempo, però, aveva ricevuto decine di minacce di morte.
Il delirio su Sahil Omar è uno dei tanti segnali del clima che si respira nella società americana riguardo all’immigrazione, con ingressi in continua crescita (circa 2,4 milioni dalla frontiera sud nel 2023) e una destra sempre più fiduciosa nello sfruttare la crisi alla frontiera in vista delle elezioni presidenziali di novembre. Secondo un sondaggio Gallup condotto tra l’1 e il 20 febbraio, gli americani considerano l’immigrazione il problema più significativo del paese (il governo è al secondo posto, l’economia al terzo). Nel giro di un mese la percentuale di persone che la pensano in questo modo è aumentata dal 20 al 28%. Il 27 febbraio sia Trump che Biden si sono recati in Texas, il primo per gettare benzina sul fuoco, il secondo per dare la sensazione di avere la situazione sotto controllo.
È significativo che l’immigrazione e lo stato dell’economia siano tra le principali preoccupazioni degli americani. Sono forse questi i temi su cui la percezione dell’opinione pubblica si allontana maggiormente dalla situazione reale, e nella percezione distorta essi si intrecciano: due terzi degli americani sono convinti che l’economia nazionale sia in cattive condizioni, e molti danno la colpa agli immigrati; i dati dicono invece che gli Stati Uniti crescono come nessun altro Paese occidentale e che gran parte del merito va agli immigrati.
Secondo un’analisi dell’Economic Policy Institute sulla base dei dati del governo federale, l’immigrazione ha fatto crescere l’economia statunitense più del previsto, contribuendo a consolidare la ripresa post-pandemia. Circa il 50% della straordinaria crescita recente del mercato del lavoro, tra gennaio 2023 e gennaio 2024, è stata generata da lavoratori nati all’estero. Forze fresche che hanno consentito di colmare il divario tra domanda e offerta nel mondo del lavoro che rischiava di frenare l’uscita dalla crisi.
Questa dinamica produce un effetto virtuoso che si farà sentire per molti anni. Il Washington Post spiega: “Secondo le nuove stime del Congressional Budget Office (CBO), la forza lavoro degli Stati Uniti crescerà di 5,2 milioni di persone entro il 2033, grazie soprattutto all’immigrazione netta, cioè alla differenza tra chi entra nel Paese e chi foglie. Secondo le proiezioni del CBO, nei prossimi dieci anni l’economia crescerà di 7mila miliardi di dollari in più di quanto sarebbe cresciuta senza i nuovi immigrati.
In periodi di forte immigrazione i timori sono solitamente di due tipi: il primo, alimentato da una parte del mondo politico, è che i nuovi arrivati possano togliere posti di lavoro alla popolazione autoctona; il secondo, che preoccupa gli economisti, è che i nuovi immigrati, accettando salari più bassi e non avendo mezzi per chiedere di più, potrebbero causare una caduta dei salari medi.
In questa fase storica nessuno di questi rischi potenziali si è concretizzato, spiega un articolo dell’Economic Policy Institute. “Nel 2023, il tasso di disoccupazione per i lavoratori nati negli Stati Uniti è stato in media del 3,6%, il più basso mai registrato. La percentuale di persone nate negli Stati Uniti che hanno un’età compresa tra i 25 e i 54 anni e lavorano è al livello più alto degli ultimi decenni”. Ancor più importante, è cresciuta a ritmi record anche la partecipazione al mercato del lavoro degli americani che non hanno un diploma di scuola superiore, cioè di persone che teoricamente potrebbero essere penalizzate dall’ingresso di manodopera a basso costo nel paese.
Per quanto riguarda i salari medi, in tempi economici normali i nuovi immigrati possono farli diminuire, soprattutto se i datori di lavoro assumono stranieri privi di documenti che non hanno i mezzi per chiedere condizioni migliori. Ma gli ultimi anni sono stati particolari dal punto di vista economico. I datori di lavoro, disperati perché non riuscivano a trovare dipendenti, hanno dovuto aumentare i salari, e ora ne beneficiano quasi tutti i lavoratori, anche molti immigrati (una situazione che spinge anche altre persone a cercare fortuna negli Stati Uniti). Il calo dei salari causato dalla recente immigrazione interesserà quindi una piccola parte dell’economia e dovrebbe essere limitato nel tempo.
Gli esperti sottolineano che il problema potrebbe essere limitato facilitando l’ingresso dei nuovi immigrati nel mondo del lavoro. La legge federale impone ai migranti che hanno presentato domanda di asilo di attendere quasi sei mesi prima di ricevere un permesso di lavoro. Spesso i tempi si allungano ulteriormente a causa dell’accumulo di cause arretrate. Nell’attesa, molti trovano lavoro nero come lavoratori giornalieri o venditori ambulanti. Altri, tra cui molti adolescenti entrati nel Paese come minori non accompagnati, cercano lavoro presentando documenti falsi. Inoltre, molti migranti non riescono a presentare domanda di asilo – un processo che può costare migliaia di dollari – quindi hanno poche possibilità di ottenere un permesso di lavoro. Di conseguenza spesso finiscono per lavorare illegalmente e sfruttati in settori con salari molto bassi.
In ogni caso, gli immigrati aiutano la società a crescere anche in altri modi, ad esempio avviando nuove imprese e contribuendo al progresso scientifico e tecnologico. Soprattutto, essendo mediamente giovani e avendo una lunga carriera lavorativa davanti a sé, aumentano le entrate fiscali. Un elemento decisivo, considerato il progressivo invecchiamento della popolazione statunitense.
Questo testo è tratto dalla newsletter Americana.
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