(ANSA-AFP) – ROMA, 12 FEB – Sabato 10 febbraio si celebrerà in Italia il ventesimo Giorno della Memoria, solennità civile che, il 10 febbraio di ogni anno, ricorda le stragi di migliaia di italiani durante la Seconda Guerra Mondiale ad opera dei combattenti. della Resistenza jugoslava, una tragedia rimasta a lungo nascosta e divenuta anche battaglia politica. Dal 2004, il 10 febbraio è una giornata nazionale pensata per ricordare le cosiddette foibe, quando migliaia di soldati e dipendenti pubblici che lavoravano in quella che era stata l’Italia fascista furono giustiziati dai partigiani di Tito, i loro corpi gettati in fossati e doline. Il governo di destra del primo ministro Giorgia Meloni ha particolarmente accolto l’evento, annunciando la settimana scorsa la creazione di un museo dedicato alle vittime. La giornata è l’occasione “per rendere omaggio alla memoria di coloro che sono morti per mano dei comunisti”, ha affermato Ignazio La Russa, presidente del Senato e cofondatore del partito postfascista Fratelli d’Italia della Meloni. Non tutti condividono l’interpretazione di La Russa – noto per aver collezionato busti del defunto dittatore fascista Benito Mussolini – di quelli che furono in realtà due cicli di omicidi, seguiti dalla fuga di massa di persone di lingua italiana da quella che divenne la Jugoslavia. Il primo massacro avvenne nel 1943, dopo che l’Italia, alleata della Germania nazista, firmò l’armistizio con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Lo storico Eric Gobetti spiega che si è trattato di “una conseguenza delle violenze commesse dai fascisti italiani contro la minoranza nazionale jugoslava, contro sloveni e croati, che si vendicarono dopo la capitolazione dell’Italia”. Le rappresaglie “non sono state contro tutti gli italiani ma contro alcuni italiani che rappresentavano lo Stato fascista”, ha detto all’AFP Gobetti, autore di un libro sulle Foibe. I secondi massacri, quelli del 1945, dopo la fine della guerra, somigliano piuttosto a un “regolamento di conti” tra le forze jugoslave che liberarono il territorio e quelle che combatterono a fianco dei nazisti, come si è visto anche in Francia, ha aggiunto Gobetti. “Le vittime erano essenzialmente collaboratori dei tedeschi, civili ma soprattutto militari”, ha detto Gobetti. Mentre la narrazione prevalente in Italia è che gli italiani fossero vittime del tutto innocenti, Gobetti e altri storici sottolineano come il regime fascista abbia abusato delle minoranze nella regione.
– ‘Clima di violenza’ – Gli esperti contestano anche il numero dei morti nelle foibe, nelle quali venivano gettate le vittime, talvolta vive. Gobetti dice che furono uccise “un massimo di 5.000” persone, mentre Federesuli, associazione italiana che rappresentava gli esuli dell’epoca, parla di un numero di vittime compreso tra 6.000 e 10.000. Una divergenza simile esiste per quanto riguarda le stime del numero di persone sfollate dopo i cambiamenti dei confini del dopoguerra, quando l’Italia perse i territori acquisiti durante la Prima Guerra Mondiale. Per gli storici gli esuli furono circa 250.000, mentre per i Federesul furono 350.000. “Circa il 90 per cento della comunità italiana autoctona se ne è andata a causa del clima di violenza imposto dal regime comunista di Tito”, ritrovandosi a vivere nei campi profughi allestiti dall’Italia, ha spiegato Lorenzo Salimbeni, portavoce di Federesuli.
– Nostalgia del fascismo – Perché le diverse visioni? “I politici nostalgici del fascismo hanno sempre sfruttato questa storia per presentarsi come vittime della Seconda Guerra Mondiale piuttosto che come carnefici, quando in realtà i fascisti italiani contribuirono a far scoppiare la guerra”, ha detto Gobetti. Questa narrazione è stata sancita nella legge del 2004 che istituisce la Giornata nazionale della memoria – approvata sotto il governo di Silvio Berlusconi, ma sostenuta dai partiti di opposizione – e ripresa dai media. In questo contesto “chi ricorda i fatti storici reali è considerato negazionista delle Foibe” mentre in alcuni dibattiti le stragi vengono messe sullo stesso piano dell’Olocausto, ha detto Gobetti. Salimbeni dell’Associazione degli esuli ha accolto con favore la notizia del nuovo museo alle Foibe, che secondo lui segue il lavoro dei precedenti governi “di destra e di sinistra”. Ma questa reinterpretazione della storia in Italia ha suscitato indignazione nei paesi vicini. Nel 2019, la Slovenia ha accusato Roma di “revisionismo storico senza precedenti” sui massacri. Il commento arrivò dopo che l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini – oggi vicepremier nel governo Meloni – aveva paragonato i bambini morti nelle Foibe a quelli morti ad Auschwitz. “Il fascismo era una realtà e il suo obiettivo era distruggere il popolo sloveno”, disse l’allora primo ministro sloveno Marjan Sarec. (ANSA-AFP).