Il Rosso e il Rossissimo. Michele Santoro nelle vesti di leader politico, come ai tempi del liceo quando guidava la contestazione studentesca al Tasso di Salerno. Allora partì da un movimento anarchico, poi si unì all’autonomia. Ora cerca di mettere insieme tutto ciò che si muove a sinistra del Pd. Un’impresa impossibile.
Innanzitutto: ma cosa ne sa Elly Schlein dell’editto bulgaro? «Per carità, Report fa un lavoro encomiabile. Ma Berlusconi ti buttava fuori e allora non potevi lavorare da nessun’altra parte. È successo con Biagi e Luttazzi. E io stesso sono tornato in Rai perché ho vinto una causa». La giornalista prende posizione contro le dimissioni a sinistra, alla guida di un popolo che, per ora, è composto soprattutto da ex. «Pace, terra e dignità», non sarà solo una lista per le elezioni europee. Santoro assicura che, qualunque sia l’esito del 9 giugno, resterà in campo come un movimento destinato a durare.
Al momento si presenta come una specie di balena rossa, con dentro Rifondazione Comunista, frammenti dei Verdi, cattolico-comunisti come Raniero La Valle, ex cossuttiani, veterani di Leu e del M5s, fedelissimi di Varoufakis e Pino Aprile, ex deputati grillini di Manifesta. Forse arriverà Luigi De Magistris, e, forse, anche Potere al Popolo. Uniti fondamentalmente dall’imperativo di portare ‘pace’ alla campagna elettorale, “far uscire il Paese dalla guerra”.
La lista Santoro non deve essere la rifondazione di nulla. L’obiettivo è raggiungere la soglia del 4 per cento, ma senza frenesia e senza rincorrere il voto del Pd e del M5S. Anche se fosse il 3 per cento, “sarebbe un terremoto per la politica italiana”. Perché la fotografia che Santoro guarda è quella del dopo elezioni europee, “quando ci saranno grandi sconvolgimenti e l’attuale offerta politica sembrerà un talent scout di vecchie glorie”. L’unica cosa che potrebbe fermare il progetto al momento è non riuscire a raccogliere le firme. Ma il rischio va scongiurato, se non altro perché con il simbolo di Rifondazione e il legame con la Sinistra europea, l’impresa è fattibile.
Resta da superare il solito ostacolo: la faziosità. Santoro confida nella sua natura di leader “perfetto” (‘il più democratico di tutti’) e parla ai possibili interlocutori. In prima fila, Unione popolare. La coalizione formata da Rifondazione Comunista, Potere al Popolo e Luigi De Magistris è combattuta. E potrebbe finire per rompersi. Il Prc di Maurizio Acerbo ha votato domenica un documento in cui si fonde con il progetto Pace, Terra e Dignità. Se darà il simbolo, la questione delle firme sarà risolta. De Magistris è ancora combattuto. Potere al Popolo, invece, solleva un problema difficilmente superabile: chiede che l’Italia esca dalla Nato.
Santoro sorvola sulla questione (“lasciamo che prevalgano le parole che ci uniscono”) ma su questo punto non è disposto a cedere. “Non accettiamo il dominio dei gruppi extraparlamentari, dove vince chi urla più forte”, avverte. C’è stata una discussione iniziale durante la manifestazione pro-Palestina nel Giorno della Memoria. “Non è così”, ha detto. Si è scatenato l’inferno. “Chi è lui per decidere?”, gli hanno mandato a dirgli i suoi potenziali alleati. È più facile condurre un programma di successo che creare un movimento politico. La stessa scena potrebbe ripetersi a Gaza. Genocidio o ‘semplice’ massacro? “L’importante è fermare Israele”, risponde salomonicamente.
Ad ascoltarlo in prima fila c’è Claudio Grassi: è il coordinatore dell’associazione Disarma. È stato senatore di Rifondazione, l’ala filosovietica. Fino all’anno scorso era presidente dell’Assemblea nazionale della sinistra italiana. Il partito di Fratoianni è l’altro approdo a cui Santoro guarda: “Abbiamo iniziato a parlare con lui e Bonelli dopo le elezioni. Ci hanno detto che aspettavano di vedere cosa sarebbe successo al Pd di Schlein. Ora sappiano che le porte sono aperte fino all’ultimo minuto. Se arrivano anche loro, possiamo arrivare al 6-7 per cento a livello nazionale. E poi cambia davvero tutto”.
Per essere ancora più convincente, Santoro dice che se è una questione di simboli, anche quello è superato. «Se necessario, mi metto il loro simbolo sulla fronte», promette. Ma l’invito non scalda il cuore dei compagni dell’Avs. Anche perché l’ultimo comizio rosso, la lista La Sinistra, ha preso l’1,6 per cento alle Europee del 2019. «Parliamo con tutti, abbiamo grande stima di Michele Santoro. Ma contesto la logica per cui ogni volta che bisogna inventare qualcosa di nuovo – spiega Fratoianni all’HuffPost – abbiamo creato un progetto, l’alleanza Verdi-Sinistra, che è presente in Parlamento, in tutte le Regioni e alle prossime elezioni comunali. E anche sulla pace, abbiamo combattuto anche in splendida solitudine per difenderla». Come a dire: «Grazie ma ce la faremo da soli». Tanto più che l’unico partito partner di Pace, Terra e Dignità, Rifondazione Comunista, è quasi ovunque avversario della coalizione di centrosinistra.
Con Santoro c’è una parte del mondo ‘ecologista’. Come l’ex portavoce dei Verdi Paolo Cento. Ma anche l’europeo Nicola Pedicini. A Bruxelles siede con i Verdi, ma non è d’accordo sull’invio di armi all’Ucraina. Ora è segretario del Movimento per l’equità territoriale, il movimento fondato da Pino Aprile, ex neoborbonico. “In tanti mi hanno chiesto di candidarmi, ma ho scelto Santoro perché è il più determinato contro la guerra. Con Bonelli ho un buon rapporto, ma lui sosteneva che Draghi era il migliore per questo Paese, mentre per me è il peggiore”. Anche Cristian Romaniello, sempre M5s, ha un pedigree anti-draghiano. “Mi hanno cacciato perché ero l’unico a non votarlo”, afferma orgoglioso.
Tra i ‘santoriani’ ci sono molti disobbedienti. A partire da Vauro, teorico della satira come disobbedienza totale, tra i più entusiasti del progetto. Potrebbe arrivare Mimmo Lucano («ne saremmo onorati»). Federico Dolce, che rappresenta Diem 25, il movimento dell’ex ministro greco Yanis Varoufakis. «La pace deve essere prima di tutto», spiega. C’è chi parla di un ritorno di Fausto Bertinotti, ma sono voci. «La lista sarà pronta tra 10-15 giorni», promette Santoro.
Il conduttore lavora sulle “riconciliazioni”, ma sa che le divergenze possono emergere da un momento all’altro. Per Santoro, ad esempio, non ha senso parlare di un editto bulgaro. “La Rai di oggi è peggiore della mia per qualità. Ma non esiste un editto bulgaro. Che leggano, che si informino, invece di parlare. Aspettiamo le barricate in nome del pluralismo, ma non sopporto la giovane leader del Pd sullo stesso banco di chi voleva la Rai sotto il controllo politico”. Elly con Maria Elena, insomma.
Diverso l’approccio di Potere al Popolo. Per Santoro sono “bravissimi ragazzi” che devono porsi il problema di “andare oltre la pura testimonianza”. Ma sullo stato dell’informazione il movimento nato a Napoli parla un’altra lingua, e ha già preparato un elenco di nove manifestazioni in due giorni contro la Rai. “La tv pubblica è la scorta mediatica del genocidio israeliano”, dicono. Lo chiamano così: genocidio.