Di Cheo Condina
Questo il messaggio che emerge dall’Intelligence Week, che ha visto l’intervento di ministri ed esperti del settore sul delicato tema della potenziale reintroduzione dell’atomo in Italia grazie alle nuove tecnologie
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L’uso dell’energia nucleare è tra le soluzioni più efficaci per garantire il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi aziendali decarbonizzazione totale previsto dal Green Deal europeo al 2050 e garantire la sicurezza energetica nazionale in un contesto geopolitico in cui l’approvvigionamento di combustibili fossili è sempre più a rischio. E il Il 51% degli italiani – secondo un sondaggio condotto da SWG – sarebbero pronti a votare a favore della costruzione di centrali nucleari di nuova generazione in caso di referendum consultivo. Fermo restando che la sicurezza resta una prerogativa imprescindibile ed imprescindibile. Tutto questo mentre un buon gruppo di ministri – Gilberto Pichetto Fratin (Ambiente e Sicurezza Energetica), Adolfo Urso (Imprese e Made in Italy), il vicepremier Matteo Salvini (Trasporti e Infrastrutture) – ribadiscono l’impegno per riportare l’atomo in Italia, anche se la posizione del premier Giorgia Meloni sull’argomento, però, si resta concentrati più sulla fusione che sulla fissione. Lunedì scorso si è svolta la quinta edizione tecnico-scientifica del Intelligence Week “Il nucleare italiano nella sfida al cambiamento climatico”, promossa da iWeekjoint venture tra V&A – Vento & Associati e Dune Tech Companies, e in media partnership con Il Sole 24 Ore. L’evento, organizzato con il supporto di Edison, Sogin, Transmutex e Protex Italia, si è svolto presso il centro didattico dell’Università Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’Università di Pavia e ha visto la partecipazione di alcuni tra i protagonisti italiani della realtà scientifica, aziendale ed economica del settore.
La posizione dei ministri
I lavori sono stati aperti da Pichetto Fratin che ha sottolineato come “il nuovo nucleare rappresenti una risorsa per contrastare il cambiamento climatico” e che per l’Italia “deve essere definita come un ritorno al futuro, una scelta ecologica e una strategia efficace a sostegno del Paese L’impegno contro il riscaldamento globale Il governo – ha ribadito Pichetto – lo sta studiando e valutando per gli usi futuri. Intendiamo il nucleare come una cosa energia per sostenere le fonti rinnovabili per garantire la continuità energetica”. L’utilizzo di piccoli reattori di nuova generazione, ha aggiunto, potrebbe “contribuire in modo significativo alla sicurezza e all’indipendenza energetica del nostro Paese”.Conto di poter portare in Consiglio dei ministri il dossier sul ‘nuovo nucleare’ “affinché il 2024 sia l’anno della scelta e della responsabilità”, ha dichiarato invece Matteo Salvini. “Se cominciamo quest’anno, fate i conti, nel 2032 possiamo girare l’interruttore” per l’avvio del nuovo nucleare in Italia. «Se vogliamo abbassare la bolletta elettrica dei cittadini e delle imprese italiane, il nucleare è d’obbligo: i francesi che hanno tante centrali in funzione ne progettano altre 6 e pagano la bolletta elettrica, a casa, il 30% in meno e le imprese 50 % in meno”, ha continuato Salvini. “L’attuale scenario geopolitico è caratterizzato da grande incertezza: la sicurezza degli approvvigionamenti energetici e la sostenibilità dei costi rappresentano una leva indispensabile per acquisire indipendenza strategica e mantenere competitivo il nostro sistema produttivo. Nel quadro internazionale ed europeo delle politiche di contrasto al cambiamento climatico, l’energia nucleare sta guadagnando sempre più spazio”, ha sottolineato dal canto suo Urso.
Le imprese della filiera e quelle energivore
Persino il impresein particolare le donne assetate di energia, vedono favorevolmente il nucleare di nuova generazione, che per il presidente di Assolombarda, Alessandro Spadasignifica “investire nel futuro: in Italia si prevede una generazione di valore aggiunto di 45 miliardi di euro, accompagnata da un risparmio di 400 miliardi rispetto ad uno scenario basato unicamente su fonti rinnovabili e centrali convenzionali. In termini occupazionali – ha sottolineato Spada – si prevede la creazione di oltre mezzo milione di posti di lavoro a livello nazionale entro il 2050, nonché la creazione di 52mila nuovi posti di lavoro a tempo pieno nel breve periodo, legati esclusivamente alla fase di costruzione”. Lo dice Nicola Monti, amministratore delegato di Edison che in consorzio con Ansaldo Nucleare, Ansaldo Energia ed EDF sta lavorando per verificare la possibile reintroduzione in Italia del nucleare di piccola taglia (il cosiddetto Anche Smr è di 300-400 Mw”, nel nostro Paese “per fortuna sono state mantenute le competenze nella filiera nucleare, a cominciare da quelle di livello universitario. E anche dall’estero ci guardano come un campo di competenza interessante”. Si tratta di “embrioni di ciò che ci serve per ricostruire integralmente la filiera”. E a quelle industriali si aggiungono poi “le competenze che servono nella pubblica amministrazione o in quelle che devono ridefinire norme e regolamenti per le certificazioni, qualificare le tecnologie e approvare i progetti che verranno presentati”. Nella piattaforma sulla nuova centrale nucleare, costituita al Mase, “uno dei capitoli principali è quello sulle competenze e l” road map’ che serve per ricostruire una legislazione adeguata per pensare che il nucleare non è solo un’opzione sulla carta, ma è qualcosa che può essere realizzabile”, ha concluso Monti. La posizione delle aziende ad alta intensità energetica è espressa da Giovanni Pasini, amministratore delegato del Gruppo Feralpi, il quale ha sottolineato che per decarbonizzare il più possibile la siderurgia italiana non bastano le rinnovabili e che va presa in considerazione l’ipotesi degli SMR, installabili in loco e nei distretti industriali. Anche perché – ha concluso – l’impronta carbonica dell’acciaio italiano diventerà sempre maggiore fattore competitivo, soprattutto rispetto alle aziende concorrenti di altri paesi europei (in particolare la Francia). Nelle considerazioni di Gian Luca Artizzu, amministratore delegato di Sogin, per tornare al ‘nuovo nucleare’ in Italia “occorre rifare la filiera. In realtà esiste già una filiera che lavora molto all’estero: l’Enel, che ha diverse centrali all’estero; Edison, con la partecipazione di EDF che possiede tra le più grandi centrali nucleari del mondo. Ma quello che serve è connetterli: poi ci siamo noi che abbiamo tutte le competenze interne per ripartire. Con lo smantellamento dei vecchi sistemi – ha aggiunto Artizzu – siamo al 44-45% e abbiamo la piena gestione dei residui di carburante”.
La posizione degli italiani
Se le competenze ci sono, anche la posizione degli italiani sembrerebbe più favorevole rispetto al passato: Il 51% voterebbe a favore della costruzione di centrali nucleari di nuova generazione in caso di nuovo referendum consultivo, con i più favorevoli tra i maschi (62%), gli under 34 (58%) e coloro che vivono nel Nord Ovest. Il 65% si rammarica di aver rinunciato allo sviluppo delle tecnologie energetiche nucleari negli ultimi anni. Sei cittadini su dieci, inoltre, vedono favorevolmente l’implementazione delle nuove tecnologie nucleari in Italia. I dati emergono dall’indagine “Il nucleare italiano per cittadini, imprese e territorio” condotta da Swg per iWeek su un campione rappresentativo di cittadini adulti che offre un’analisi delle percezioni e delle aspettative degli italiani sul ripristino del nucleare. L’indagine evidenzia anche come gli italiani chiedano maggiori informazioni sul nucleare: 3 su 4, in una percentuale che varia tra il 74% e il 77% a seconda delle domande, chiedono di saperne di più e di riaprire il dibattito sul tema. Tra le idee, sia i grandi reattori di terza e quarta generazione che quelli più piccoli, e in particolare i ‘micro reattori modulari’, sono considerati sicuri e green da oltre il 70% degli italiani. Infine, c’è un ampio consenso, che varia tra il 61% e il 65%, verso l’uso del nucleare sia come fonte energetica complementare alle rinnovabili sia come supporto alle industrie ad alta intensità energetica e alle comunità isolate.
“Serve un confronto costruttivo tra imprese, università e istituzioni sulle esperienze e le conoscenze dei protagonisti della tecnologia nucleare italiana, sia in vista di una sua possibile reintroduzione nel nostro Paese, sia perché capace di garantire gli ambiziosi obiettivi del Green Deal europeo , e come risposta efficace ai fabbisogni energetici dei territori. Se a ciò aggiungiamo la difficile situazione geopolitica dei tempi che stiamo vivendo, il nucleare è essenziale per la sicurezza energetica nazionale: l’approvvigionamento di combustibili fossili è infatti sempre più a rischio”, conclude Andrea Vento, Amministratore Delegato di Vento & Associati.
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Cheo Condina
Redattore di Radiocor