Su questo crinale si giocherà anche la sfida ormai aperta tra le potenze globali: con la geopolitica come fattore centrale, imprese e affari globali sono sempre più connessi
17/03/2024
L’edizione online della rivista Affari Esteri ospita questa settimana un intervento, dedicato alla relazione tra corporazioni e la politica estera americana, firmata dalla leadership di Lazard, in particolare dall’amministratore delegato Pietro Orszag nonché manager e senior advisor della nuova practice di Geopolitical Advisory Teodoro Bunzel e Jami Miscikentrambi con un passato di alto livello nell’amministrazione Washington.
La scrittura parte dal presupposto che la variabile geopolitica è ormai considerata la più importante dalla comunità economico-finanziaria globale, come dimostrato anche da recenti indagini condotte su un’ampia fascia di intervistati e dal fatto che un’istituzione come Lazard, che da sempre than 170 offre da anni servizi di gestione del risparmio e di assistenza finanziaria a grandi aziende di tutto il mondo, ed è stata recentemente indotta a costituire una divisione dedicata esclusivamente alla gestione del rischio geopolitico.
Ciò significa – aggiungiamo noi – che i tradizionali modelli di valutazione dei prezzi degli asset, sviluppati soprattutto nelle università americane a partire dal dopoguerra, si rivelano sempre più inadeguati a svolgere la loro funzione, costretti come sono a proiettare irrealistiche una crescita costante nel tempo. orizzonti futuri caratterizzati da sempre più imprevedibilità e volatilità. Il rischio geopolitico, invece, assume quasi sempre la forma di un cigno nero e replicare le tendenze passate negli anni a venire è fuorviante.
Ma la vera novità di questi anni evidenziata da Lazard è che, mentre gli attriti geopolitici durante la Guerra Fredda avvenivano tra mondi che comunicavano e commerciavano pochissimo tra loro, nel contesto attuale le imprese occidentali che negli anni della successiva distensione si erano espanse avendo incrementato a dismisura la presenza nei mercati dei loro ex antagonisti, ora si ritrovano “nel mezzo della sparatoria” e costrette a fare scelte tuttavia rischiose e penalizzanti.
Allo stesso modo, l’amministrazione americana non sembra essere al momento adeguatamente attrezzata, a meno che non tenda la mano pubblica fino a ribaltare il sistema dell’economia di mercato, per garantire che le decisioni strategiche che adotta siano poi applicate rapidamente ed efficacemente da quelle aziende. che sono necessariamente chiamati ad attuarli. Il rischio, che può portare ad esiti letali, è che la cinghia di trasmissione non funzioni correttamente, regalando così un decisivo vantaggio tattico ai rivali.
Un esempio tra i tanti citati è quello dei semiconduttori, dove il successo del Chips Act del Dipartimento del Commercio, emanato con l’obiettivo di rimpatriare gli investimenti nel settore per controllarlo meglio a livello strategico, dipende solo in parte da come verranno distribuiti i sussidi. stanziamento previsto, dovendo tenere conto soprattutto della propensione al rischio di investire negli Stati Uniti da parte di soggetti privati come la taiwanese Tsmc o di acquistare processori a prezzo più elevato da parte di grandi clienti come Apple. Tutte scelte che possono anche decidere di non compiere, a differenza dei loro omologhi russi e cinesi che trovano impossibile non seguire le indicazioni strategiche stabilite dalla leadership politica.
Ad un esame più attento, però, l’analisi di Lazard fa emergere un altro aspetto importante nel commentare. Negli Stati Uniti la sovranità è diffusa, distribuita: in altre parole, fermo restando il primato in questo senso delle istituzioni pubbliche (Presidenza, Ministeri, Congresso, Corte Suprema, Federal Reserve, ecc.), si trova anche un universo di soggetti stranieri i suoi portatori del circuito istituzionale in senso stretto come, in questo caso, le grandi aziende industriali e non. Oltre ad essere diffusa, la sovranità americana è anche mobile, nel senso che può manifestarsi con maggiore o minore intensità in momenti diversi e in diverse aree del sistema. Ancora una volta prendendo in prestito un esempio citato nel pezzo Affari Esterinon c’è dubbio che, per la funzione che svolge, Starlink sia una realtà quasi pienamente sovrana, ma potrebbe cessare di esserlo qualora l’utilizzo che fa dei suoi satelliti si discosti dagli imperativi strategici di quel governo di cui è concessionaria .
I principali rivali degli Stati Uniti, però, concentrano la sovranità nei massimi organi politici, rendendo tutte le parti del sistema meri esecutori della volontà dei primi. Maggiore coesione e rapidità nell’attuazione delle decisioni, quindi, ma anche un pericoloso accentramento delle tensioni che emergono dall’interno del sistema, con il rischio che non trovino uno sbocco e finiscano per travolgere l’intera verticale del potere a partire dalla testa.
Anche lungo questo crinale si giocherà la sfida ormai aperta tra le potenze globali.