Non c’è pace per Haiti. Mentre il Paese sembra precipitare verso una nuova crisi politica e umanitaria. Solo due giorni fa il primo ministro Ariel Henry ha accettato di farsi da parte e di fare spazio a una spinta regionale per una transizione governativa. I capibanda haitiani avevano chiesto la dimissione del leader che, entrato in carica come figura transitoria, era rimasto al potere dal 2021, quando il presidente Jovenel Moise era stato assassinato.
Chi è Jimmy “Barbecue” Chérizier, leader delle bande haitiane
In questo clima di caos e di illegalità diffusa, si è affermata da tempo la losca figura di Jimmy Chérizier, ovvero “Barbecue”il boss alla guida del G9, coalizione di 9 bande armate. 46 anni, ex poliziotto, il suo nome, noto da tempo, era salito agli onori della cronaca lo scorso settembre, quando circondato da bande armate locali aveva inscenato una serie di conferenze stampa, in cui minacciava di far cadere il governo e di espellere il forze internazionali, che secondo lui sono colpevoli di “abusi” contro il popolo haitiano.
La biografia di questo oscuro personaggio è un mix tra crimine e leggende metropolitane: il soprannome popolare è “”Barbecue“ viene da una lunga scia di vittime carbonizzate lasciate sul suo cammino da criminale, anche se si affretta a far notare ai suoi interlocutori che il soprannome è legato al pollo fritto venduto da sua madre per strada quando era bambino. Nel caos scoppiato nelle ultime due settimane, Chérizier è emerso come il leader più potente nel mondo delle bande locali: ora è soprattutto suo aspirazioni politiche da far tremare i Paesi dei Caraibi (e non solo).
Da criminale a leader di Haiti?
Scavare nel passato di “El Barbecue” non è facile. Ha detto che voleva combattere una guerra santa in nome di Haiti, schiacciata da anni di soprusi, razzismo e corruzione. Ora il “capo dei capi” delle cosche locali ha davanti a sé una scelta complessa: rendersi credibile nella sua battaglia, cercando di ripulire il suo passato di feroce criminale per mostrarsi come un leader affidabile. Il suo pedigree, in patria, è l’ultimo dei problemi: dal 1957 al 1971 “Papa Doc” Duvalier è stato l’uomo che sgomberò le mafie di Haiti, rendendole parte vitale della vita quotidiana di questo angolo dei Caraibi, nonostante la sua milizia. il personale aveva la licenza di uccidere e torturare indiscriminatamente.
Metti in pericolo il tuo popolo solo perché il Primo Ministro si dimetta.
“Il leader della banda Jimmy Cherizier, un ex agente di polizia noto come #Barbecue accusato di violazioni dei diritti umani, ha avvertito martedì che il caos sta travolgendo #Haiti porterebbe alla guerra civile e al “genocidio” a meno che Prime… pic.twitter.com/Qf83EycxE4
— Ufficiale Emeka Gift (@EmekaGift100) 12 marzo 2024
Mutatis mutandis, Chérizier gode delle stesse luci e ombre. Criminale omicida ma, allo stesso tempo, oggetto di culto e di omaggio popolare. Il suo volto può essere trovato dipinto in numerosi luoghi murales delle baraccopoli, rispetto al ben più noto Ernesto Guevara. A differenza di numerosi altri capibanda che hanno popolato il panorama politico e militare haitiano, Chérizier sa usare molto bene i media a proprio vantaggio. Cerca la ribalta, pensa, scrive, cercando di cementare la sua immagine di “duro” animato da uno nazionalismo nero “base”, come si diceva. Sventola a suo vantaggio la bandiera delle sue origini, mostrando l’eredità politica di Jean Jacques Dessalines, leader dell’indipendenza haitiana nel 1804. Dialoga con la stampa alternando mimetica, maglietta e cravatta, punta il dito contro le istituzioni straniere, agisce come interprete del mal di strada che lui stesso – attraverso le sue cosche – ha contribuito a creare e fomentare.
La “rivoluzione sanguinosa”
“Oppure Haiti diventa a Paradiso per tuttio inferno per tutti“: questo il grido di battaglia di questo mafioso perennemente armato, nei proclami in cui si presenta come il Robin Hood di Haiti: con la differenza che le sue intenzioni non sono una rivoluzione pacifica, ma piuttosto cruenta, che dovrà restituire il Paese agli abitanti dei quartieri popolari. Nei suoi ritornelli urlati nelle conferenze stampa che si tengono a giorni alterni, sono onnipresenti anche i suoi pretoriani, un gruppo di lealisti che non disdegnano l’arruolamento di bambini soldato.
E proprio il sangue dei bambini gli sporcherebbe le mani: questo signore della guerra sarebbe responsabile, nel 2018, del massacro nelle baraccopoli di Salino, dove furono massacrate più di 70 persone, tra cui donne e bambini. A quel tempo “Barbecue” era un ufficiale di una forza d’alta classe il cui compito era quello di combattere le bande criminali. Sei anni dopo è lui il padrone indiscusso della mafia haitiana che ora, oltre alle strade, punta a impadronirsi dell’intero Paese con il suo esercito composto da ex miliziani ed ex bambini di strada. Rapiscono, uccidono, stuprano in nome della “rivoluzione proletaria haitiana”. A nulla sono valsi gli appelli delle (Dis)Nazioni Unite: Chérizier promette di andare fino in fondo, annunciando di essere pronto per una guerra civile che porterà al genocidio.