di Sergio Restelli
La Russia, con Putin al timone, sembra padroneggiare a proprio vantaggio il gioco delle emozioni e delle relazioni geopolitiche internazionali. È abile nel cogliere il momento giusto per mettere in atto le sue mosse, giocando con le fragilità e le ambiguità del mondo occidentale. La situazione in Ucraina, la retorica discordante degli attori politici occidentali e le tensioni in varie parti del mondo sembrano essere sapientemente intrecciate da Putin a proprio vantaggio.
Il leader russo si muove abilmente attraverso la complessa rete della politica globale, monitorando attentamente e sfruttando le contraddizioni e le incertezze dei leader internazionali. L’ingerenza russa in diversi scenari di crisi sembra essere orchestrata con precisione millimetrica, alimentando il sospetto che Putin sappia esattamente come giocare a scacchi con la comunità internazionale. Dichiarazioni contraddittorie da parte degli Stati Uniti, reazioni incerte da parte dell’Europa e intricate manovre diplomatiche sembrano essere terreno fertile per la strategia di Putin. Il leader russo sembra aver imparato l’arte di giocare sul filo del rasoio, rivelando solo ciò che vuole che il mondo veda. In questo scenario di incertezza e ambiguità, Putin emerge come un abile stratega che sa sfruttare le debolezze e le fluttuazioni dei suoi avversari.
Il suo controllo sulle emozioni e sulle dinamiche geopolitiche suggerisce una visione chiara e calcolata di come muoversi in un mondo in costante evoluzione e contraddizione. Putin conosce bene la nostra psicologia, siamo creature facilmente influenzabili dal mondo affascinante in cui viviamo, dove ci emozioniamo ad ogni evento, ma l’indignazione dura poco. È un peccato che Sanremo sia stata messa in ombra dalla guerra tra Hamas e Israele. Ma tra poche settimane avremo le sfilate primaverili e vedrete discutere sul messaggio positivo e inclusivo delle nuove giacche.
Ma, diciamocelo, da tempo discutiamo della “fatica” della guerra in Ucraina, intendendo non quella del popolo ucraino che la combatte, ma la nostra stanchezza di europei, nel senso di aver rinunciato troppo fino ad ora. Putin sa che il Mago di Oz, chiuso nella sala del suo castello, forse proprio quello sul Mar Nero rivelato da Navalny prima della sua morte, guarda il mondo esterno attraverso una tenda e si prepara al momento in cui potrà riderne. di chi lo sfida.
È difficile non notare il tempismo perfetto dell’annuncio della morte di Navalny: l’iconica Conferenza sulla sicurezza di Monaco, che negli ultimi anni è diventata un fastidioso mix di dichiarazioni democratiche e belligeranti. L’ultima volta che la Conferenza è stata smentita dalla realtà è stato durante le rivoluzioni arabe, quando il Segretario di Stato Hillary Clinton promise una nuova alba per le giovani generazioni arabe. Le rivoluzioni si sono trasformate in guerre civili, dalle quali, silenziosamente, gli Stati Uniti, cioè Obama e Hillary, si sono ritirati – e l’unico prezzo pagato è stato l’ambasciatore americano in Libia.
D’altronde Putin sa contare. Sa che le elezioni nelle democrazie sono il momento in cui il nostro mondo impazzisce. Lui, che ha tutto il tempo del mondo perché nel suo Paese impazziscono solo gli avversari, i generali e i cuochi che non lo soddisfano, si dedica a monitorare la follia democratica. Negli Stati Uniti, un presidente eletto, Trump, gli manda messaggi di cooperazione (“se divento presidente dirò a Putin di invadere immediatamente i paesi che non pagano la quota della NATO”) e, d’altra parte, il presidente in carica , Biden, che esattamente due anni fa (il 24 febbraio è l’anniversario) dichiarò guerra alla Russia “finché l’Ucraina non otterrà la vittoria totale”, ora che ci sono le elezioni tratta il presidente Zelenskyj come un fastidioso esattore delle tasse, mai contento di quello che abbiamo pagato.
Nel 2021, Biden ha minacciato la Russia di “conseguenze devastanti” se Navalny fosse morto in prigione. Ieri ha detto soltanto che considerava Putin “colpevole”. E le conseguenze? Forse li ha dimenticati. L’Europa, dopo i pochi entusiasmi iniziali, sta scomparendo, senza capire se sia meglio stare con la destra, che sostiene Putin, o con la sinistra moderata che serve la riconferma di Von der Leyen. Putin sa anche che in questo mondo i suoi prezzi sono in costante aumento.
Il mercato rialzista delle guerre lo ha riportato in Medio Oriente, dove è ancora un attore stimato e affidabile: l’Iran, nel momento più difficile della guerra tra Mosca e Kiev, ha inviato in Russia la sua leggera ma efficace cavalleria droni. D’altronde la Russia è da tempo un punto di riferimento anche per Israele. Dopotutto, durante la Guerra Fredda, l’URSS era il punto di riferimento del Medio Oriente nella spartizione delle aree di influenza globale. E se vogliamo la pace in quella regione, ci deve essere almeno il suo silenzio condiscendente. Putin, quindi, conosce tutti i dettagli che muovono il nostro mondo. Soprattutto le nostre emozioni. Sa che il dolore della bionda moglie del suo dissidente preferito, Navalny, gli darebbe un’ottima occasione per apparire in diretta mondiale dal palco della Conferenza di Monaco, e così è stato.
Ma soprattutto Putin sa che siamo popoli che dichiarano guerre che non vogliono combattere e amiamo la pace che non sappiamo costruire, sempre in nome della democrazia, ovviamente. E si divertiva a farci guardare nell’abisso delle nostre contraddizioni.