di Marco Trabucchi
Realizzato dal gruppo di Barbara Mazzolai all’IIT Genova e presentato in un articolo su Science Robotics
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Cresci e muoviti nell’ambiente esattamente come fa una pianta. Questo è ciò che è capace di fare FiloBot, il robot realizzato dal gruppo di ricerca dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), che nasce dall’osservazione delle piante e dalle loro strategie di esplorazione ambientale. Un’idea – recentemente descritta in un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Science Robotics – che potrebbe trovare applicazione nel monitoraggio e nell’esplorazione di ambienti naturali complessi o difficili da raggiungere. Il robot è il risultato del progetto europeo GrowBot, realizzato dal gruppo coordinato da Barbara Mazzolai, Direttore associato per la Robotica dell’IIT e responsabile del laboratorio Bioinspired Soft Robotics. In particolare, il progetto, coordinato da Mazzolai, mirava a trarre ispirazione dalle piante rampicanti che si muovono nell’ambiente attraverso l’allungamento di germogli e radici in risposta a stimoli esterni, come la luce o la gravità. Con queste premesse, l’obiettivo finale era quello di permettere al robot di adattare la sua forma all’ambiente con cui entra in contatto passivamente, seguendo cioè le caratteristiche del supporto o del luogo in cui cresce. Pensato, fatto: FiloBot ha la capacità di crescere autonomamente grazie a una tecnica di stampa 3D che all’interno della sua testa conica produce e intreccia un filo termoplastico (PLA) capace di girare attorno all’asse del corpo del robot, facendolo crescere. Ciò consente al robot di adattare i parametri di stampa del materiale per sviluppare un corpo leggero e di rapida crescita per attorcigliarsi su supporti o un corpo più forte per consentire l’autosostentamento e il superamento degli spazi vuoti. Caratteristiche, tipiche delle piante rampicanti. Il movimento di FiloBot è guidato da alcuni sensori ambientali che riproducono le capacità sensoriali delle piante rampicanti e i comportamenti ad esse associati, chiamati tropismi. In pratica, il robot è in grado di sentire la forza di gravità e analizzare il tipo di luce che lo circonda, e di conseguenza determinare attivamente la direzione della crescita. La combinazione di adattamento passivo e attivo fa sì che FiloBot acquisisca configurazioni diverse ogni volta che viene rilasciato. «Per spostarsi da un punto all’altro, le piante devono crescere continuamente e adattare il proprio corpo alle condizioni ambientali esterne. Alla luce di questa osservazione, abbiamo capito come la crescita apicale sia un presupposto importante per esprimere una forma di movimento e di adattamento nei robot come nelle piante”, hanno commentato Barbara Mazzolai ed Emanuela Del Doctor, prima autrice dello studio. «Le funzioni contenute nel Il robot FiloBot gli consente di navigare in ambienti 3D non strutturati in modo adattivo, riducendo i costi di costruzione in termini di utilizzo di energia e materiali.Queste capacità adattive possono essere preziose per applicazioni di monitoraggio ambientale, accompagnando operazioni di pattugliamento in ambienti altamente complessi, misurando l’inquinamento ambientale in ambienti pericolosi. aree, esplorando ambienti naturali o in generale in applicazioni in cui è difficile prevedere o pilotare un percorso esatto attraverso terreni sconosciuti e mutevoli”, hanno dichiarato gli autori.